Cos’è che ancora cerco di risolvere e capire?
M’ostino la distanza a misurare
tra il tuo mondo così lontano
che mai col mio ha colliso, – semmai eclissato
il libro dei ruoli, aperto sul tuo nome,
ancora aspetta la tua firma
Il filo del rammendo ha ormai ceduto:
troppo gonfio quel fantoccio a tua figura
l’ho messo a sedere al tuo posto, a tavola
gli ho sorriso, l’ho imboccato coi minuti di bambina,
nessuna magia, nessuna trasformazione.
E ho cominciato a chiedere ai morti.
Molto più semplice sarebbe ignorarti
di continuare a chiedermi
di cos’è fatto il fervore che ti brucia.
mmp – al padre che non fosti
dipinto Kristin Vestgard
novembre 21, 2013 alle 20:28
caspita, un colpo allo stomaco
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novembre 21, 2013 alle 20:49
parole dure, sì, ma senza più rabbia ormai…
parole che stanno dentro da tanto tempo
parole che fino a poco tempo fa sono rimaste nascoste,
in ammollo nella speranza
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novembre 22, 2013 alle 9:03
Io so com’è…
conosco questo…
brava.
Tira fuori tutto.
io ancora non riesco… pensa te…
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novembre 22, 2013 alle 14:38
sono anni, forse secoli che parlo di questo,
ne ho scritte intere pagine, su carta e non solo;
sempre diverso, parlava ciò che sentivo..
ma ora la speranza finalmente se n’è andata,
liberandomi gli occhi alla realtà.
Le ostinate domande, quelle verranno con me al traguardo.
Bacetto Lù!
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novembre 22, 2013 alle 14:56
Bacetto momi…
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novembre 22, 2013 alle 16:02
tristemente splendida, davvero!
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novembre 22, 2013 alle 16:48
il bello della tristezza è che evapora scrivendo…
grazie michele!
mo
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novembre 22, 2013 alle 16:51
Già. Assolutamente vero.
Ecco perché non si dovrebbe mai smettere di scrivere 😉
Grazie a te
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febbraio 28, 2015 alle 12:23
L’ha ribloggato su Parole nel Secchio.
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