Parole nel Secchio

Attinte dal fondo degli animi


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finché vivo niente mi giustifica

Parole nel Secchio

Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.
Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.
E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
Chiedo scusa all’albero abbattuto per le…

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if you’re a bird, I’m a bird

Di colpo ritrovarsi
slegati a gravità terrene:
fluttuare ed esser tutto
senza cercar parole.

A noi non resta che il sapore
di troppo brevi voli 
per giunta a pagamento:
pericolose chimiche o eccessive pene.

Un corpo è macchina perfetta
per traghettare anime
dal Prima al Dopo, passando per l’Adesso.
A noi le recinzioni, a te lo Sconfinato.

mmp – a G. L.

 

 

musica Hindi Zahra – set me free

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foto Jamie Haiden “if you’re a bird, I’m a bird”


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dell’umano arrocco

Dice: – Gli scacchi hanno regole certe. 
Il re è legato mani e piedi, 
è la regina che fa e disfà a suo piacimento. 
Io preferisco la vita diagonale del pedone. 
Negli scacchi non muore di rabbia il cavallo, 
non c’è una rivolta di pedoni 
né è possibile la follia passeggera 
di un alfiere che uccide i suoi o se stesso
per disperazione o per amore. 
E così accade che i pezzi rispondono 
a un disegno esterno, alla mano che li muove. 
Umano è soltanto l’arrocco, 
il nascondersi quando fuggire non è possibile. 
Che sarebbe dei pezzi, se fossero liberi?

Martín López-Vega – Scacchi

 

musica snowbird – porcelain
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artista Jacek Yerka


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fai un giro su te stesso

Cominciamo da qui: che cosa desideri ricordare?
In che modo il sole avanza strisciando su un pavimento lucido?
Il profumo sospeso di legno vecchio, il suono attutito
che proviene da fuori e riempie l’aria?

Offrirai mai al mondo un dono migliore
del respiro rispettoso che porti con te
dovunque, proprio ora? Stai aspettando
che il tempo ti indichi pensieri migliori?

Fai un giro su te stesso, a partire da qui,
alza quel nuovo sguardo che hai scoperto:
porta nella sera tutto ciò che vuoi dalla giornata.
Questo momento che hai passato a leggere o ascoltare, conservalo per la vita.

Che cosa puoi ricevere più grande dell’adesso,
a partire da qui, proprio in questa stanza, ora che fai un giro su te stesso?

 

William Stafford “O tu che leggi, sii pronto”

musica Snowbird – Amelia

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foto Dr. Bohumil Kröhn – “Lily girl”


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strike & listen

Voglio uno sciopero dove incontrarci tutti.
Uno sciopero di braccia, di gambe, di capelli,
uno sciopero che nasca in ogni corpo.
Voglio uno sciopero
di operai, di colombe
di autisti, di fiori
di tecnici, di bambini
di medici, di donne.
Voglio un grande sciopero,
che arrivi sino all’amore.
Uno sciopero dove si fermi tutto,
l’orologio, le fabbriche
lo stabilimento, le scuole
l’autobus, gli ospedali
la strada, i porti.
Uno sciopero di occhi, di mani, di baci.
Un grande sciopero dove non sia permesso respirare,
uno sciopero dove nasca il silenzio
per ascoltare i passi del tiranno che si allontana.

 

Gioconda Belli

 

 

musica franz ferdinand – right action

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foto Imogen Cunningham


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mutevole verità

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E il già detto è ancora                                                                                                                                                                             da ridire, Qohelet:

mai la stessa onda si
riversa
nel mare e mai
la stessa luce si alza
sulla rosa:

né giunge l’alba
che tu non sia
già un altro!

 

 

David Maria Turoldo

 

musica kula shaker – tattva

foto/dipinto isabelle menin


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come la melanconia è la tristezza diventata leggera—

italo calvino

Scusate se vi parlo di radici, di alberi
coi frutti della malinconia.
Fu mia già dalla culla e la fonte, dal battezzo
dall’attimo in cui presi la forma del suo addome.
Fu mia dietro la tenda più scura di una stanza
dove di bianco c’era il suo seno e il mio succhiare.
Fu mia negli alberghetti di quarta in qualche mare
un mare quasi sempre tranquillo, e senza voce.
Fu mia sul treno per la città,
la più lontana,
sui fili del telefono guasto, nelle sere
due uova al tegamino e un giornale al comodino.
Fu mia guardando lei carezzare la sua fronte
mia zia sembrava un putto di cera, più serena
finito il male e il tempo dei vivi.
È sempre mia
e te ne verso un po’ quando nuda vieni a letto
col ventre che ha mio nome e profumo di gerani.
È mia, e fa rumore di pioggia, è nelle orecchie.
Mi parla come un prete nel suo confessionale.
Mi sale come il gusto di certi mandarini
comprati la vigilia del giorno di Natale;
è brodo di cappone tirata su la schiena
sulla spalliera, dietro Gesù.
Amici cari, scusate se vi parlo del sonno della terra
del mirto che è il suo sangue
e se scomodo poesia.
Ma ho un campanello fatto di primule e di viole
e quattrocentoventi maree nei giorni pari.
Ho qui, nella mia testa, l’idea che sarò un fiore
e tutti quanti voi, stesso prato
mille anni.

massimo botturi – “mille anni”

musica Dinah Washington (max richter version) – This Bitter Earth

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dipinto isabelle menin