Parole nel Secchio

Attinte dal fondo degli animi


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***bubbles

Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.

Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.

E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere –
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.

Adesso siamo a casa.

È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.

È potente la terra. Viva per davvero.
Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato
l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.

Se la materia oscura fosse questo
tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi
che abbiamo fatto il cielo.

Una voce imponente, senza parola
ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.

Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.

A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.

Mariangela Gualtieri – nove marzo duemilaventi

Foto sokolski’s bubble

Musica the heavy horses – copper and gold


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esser l’assenza

In un campo
io sono l’assenza
di campo.
Questo è
sempre opportuno.
Dovunque sono
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l’aria
e sempre
l’aria si fa avanti
per riempire gli spazi
che il mio corpo occupava.

Tutti abbiamo delle ragioni
per muoverci
io mi muovo
per tenere assieme le cose.

Mark Strand – “Keeping Things Whole”

Música Bon Hiver _ wash

Masao Yamamoto


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unconsciousness

To One denied the drink
To tell what Water is
Would be acuter, would it not
Than letting Him surmise?
To lead Him to the Well
And let Him hear it drip
Remind Him, would it not, somewhat
Of His condemned lip?


A Chi è negato il bere
Dire cos’è l’Acqua
Non sarebbe più acuto, forse
Che lasciarlo fantasticare?
Condurlo al Pozzo
E lasciargliene udire il gocciolio
Non gli rammenterebbe, forse, piuttosto
Il Suo labbro condannato?

Emily Dickinson J490

musica: Hope Sandoval and The Warm Invention – Salt of the Sea

Flor Garduño

flor garduno


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rovesciarmi

Non cercarmi oggi
non reclamarmi
non saprei dire che non ci sono
è troppa la sete
che ho bisogno di placare.
Mi occorre ricrearmi.
Questo mestiere di vivere
rovesciato del tutto
verso fuori,
in avanti,
a momenti
parrebbe che mi vuoti
che mi dissangui.
Mi occorre ricrearmi.
Mi occorre essere io,
io quell’altro
e quell’altro ancora
ad ogni momento.
Devo imparare a vivere
senza scordare me stesso.
Non cercarmi oggi.
Sono in ripiego.
Sono in ripiego,
ma impegnato
molto impegnato premeditando un salto.
Non voglio restare indietro,
voglio stare davanti,
voglio tornare al mondo
prima che nasca il giorno,
quando palpiti ancora
nella rugiada
l’intensità dell’alba.
Non cercarmi oggi.
Non reclamarmi.
Non saprei dire che non ci sono,
ho bisogno di rovesciarmi
sulla mia propria urgenza.


Egidio Molinas Leiva

 

musica Pygmy Lush – It’s A Good Day To Hide

-slama-vojtech-4

slama vojtech


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resistere indegni

senza valori
ancor più oggi resisto
tra i papaveri

mmp

Ma sì, ma sì, anch’io sono qua, fra quelli
che resistono. È persino facile,
a paragone di Katowice o Montevideo.
Qua e là resti di campagna,
binari arrugginiti, calabroni.
Un fiumiciattolo, noccioli e ontani,
perché non sono bastati i fondi
per far piazza pulita. Sopra l’acqua lurida
il ronzio dei fili ad alta tensione
non mi disturba. Mi vuol convincere
che potrei leggere ancora un po’,
prima che faccia buio.
E se mi voglio annoiare,
ho la televisione, l’ovatta colorata
sugli occhi, mentre di fuori
i ragazzini suicidi sulle Honda
sgommano in tondo sulla piazza bagnata. Anche il fracasso,
anche la sete di vendetta sono pur un segno di vita.
In questa fioca luce prima del sonno
niente coliche, nessun vero dolore.
Come un lieve crampo nei muscoli
sentiamo, loro e io, sbadigliando,
di minuto in minuto il tempo
farsi più piccolo.

Hans Magnus Enzensberger – luce residua

 

musica: Coro delle mondine di Correggio- son la mondina, son la sfruttata

Françoise De Felice - Tutt'Art@ (1)

francoise de felice


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mi unisco alle rane

Non più teorie: mi unisco al coro delle rane.
Voglio sentirle gracidare stanotte, circondandomi.
Nel loro alfabeto percepisco una sola vocale
e il gorgoglio dello stagno.
Il piano che ci hanno dato suona le medesime note
fin troppo ripetute. Basta.
Forse è un angelo quell’ombra
che s’innalza all’entrata della mia caverna.
Non mi risulta.
Le tenebre di Dio mai lasciano vedere qualcosa chiaramente.
Il tempo può girare intorno,
dipende dalla pioggia, dal vento tra gli alberi.
Non più teorie: abbiamo già ascoltato lo spettro,
zittiamo il Principe Amleto.
Per oggi mi bastano le voci delle rane,
voglio sentirle gracidare stanotte più vicine
lasciando che riempiano i miei sensi
con il loro taoismo solitario
fino a cancellare i misteri del mondo.
Con i loro cori mi abbandono all’estrema grazia.

Eugenio Montejo – le rane

musica philip glass – metamorphosis I

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essam marouf

 


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due cieli

​Questa mattina

ho chiuso le finestre

ho chiuse le porte e

ho riposto in ordine le poesie

quelle del tempo visionario

e quelle del tempo della rabbia


forse ho davvero due anime

forse ho davvero due cieli

forse parlo

per chi ascolta gli uccelli e per chi

aspetta dal poeta materia concreta


ma io ho soltanto ombre nelle tasche


forse non so neppure chi sono


ma non ho lasciato fuori il mondo:

lo ascolto come da dentro il suo ventre. 


Toni Maraini

Musica Africa Unite – Notti Dub.

thomas dodd


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puri di cuore: avanti!

Col tuo passo sicuro e tranquillo
penetri per i neri corridoi
fino alla cella dove sono rinchiusa,
ed esclami gioioso: «Dov’è l’oscurità
di cui tanto piangevi? Sei tutta illuminata».

Tu non sai che la luce che vedi
è quella che tu irraggi, essendo puro di cuore
e quando la tua visita è finita
essa ti segue, io resto
di nuovo spenta!

Margherita Guidacci

 

musica Thievery Corporation – the temple of I & I (2017)

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pier toffoletti


a ognuno il suo posto di vento

Non basta farsi piuma, capello, quadrifoglio.

E’ necessario un IO un po’ sconvolto
un turpiloquio, tra fegato e esperienza di vita
e poi l’odore, rimasto sulle dita del quasi amore
un fregio, la crosta di una vecchia ferita
tutto il pianto, che da bambino hai fatto da solo
la paura, che vivere a fatica costante sia peggiore
del semplice morire di netto.
No, non bastano la gioia e le carezze dei figlioli
la neve e l’usignolo che va cercando il grano.
Non bastano le gambe tornite dell’amica
desiderarle e mordere l’aria, o un po’ di spago
intorno alla valigia degli ultimi. Non basta
memoria della bocca e degli occhi verdi.
In cima, bisogna essere santi senza vedere Dio
né religione alcuna che scrivere, ed amare
tutti i pioppeti visti da giovane
i cortili, le piccole vetrate dove cuciva Elvira
i gatti con il muso di sbornia, e poi le scale
perennemente all’ombra e nettate con le grida
di bimbi e lavandaie in ritiro.
E poi giacigli, fatti di paglia e frasche piegate
terra all’unghie, e il cuore più pulito dei salici
giù al fosso, quando la primavera li lava
e mette fretta, a tutti quegli apostoli dodici d’amore.
Bisogna avere un posto di vento per ognuno
un bacio pronto a fare giustizia, l’apertura
magnifica e maestosa dell’aquila in planata.
Bisogna conciliarsi alla schiena dell’amata

aprirle delle porte per farla andare altrove
se proprio non ne può fare a meno e ti saluta
col frutto silenzioso del suo appassire
e basta.

massimo botturi – manuale di leggerezza

musica: Shigeru Umebayashi -In the Mood for Love – 

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mirjam appelhof


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disordine di fondo

Bello, bello, bello mondo, bello ridere di
mondo in luce mattutina in
colorazione di mondo con stagioni e
popolazione e animali. Bello mondo
questo ricordo, questo io lo ricordo
bello, molto bello mondo, con cielo
diurno e notturno, con facce che
mi piacevano e musi e zampe e
vegetazione che mi sospirava e mi
sospirava leggera leggera, tirando
via chili e scarponi interiori che mi
infangavano, tirando via ferri da stiro
che mi portavo nel petto, e gran pulitura
di dentro. Bello, questo io lo ricordo
bello.
Io ho avuto soccorso a volte da
una piccola foglia, da un frutto così
ben fatto che dava sollievo a mio
disordine di fondo. Sì sì.

Mariangela Gualtieri

da Fuoco centrale e altre poesie per il teatro 

musica Talvin Singh – butterfly

be-quiet-de-wind-is-telling-stories

mirjam appelhof  – be quiet de wind is telling stories